28/02/2011 INAIL Stampa

" Veterinari a rischio campi elettromagnetici "

A lanciare l'allarme sono i ricercatori del dipartimento di Igiene del lavoro dell'INAIL (ex-Ispesl) che, in un recente documento, sottolineano la necessità di una regolamentazione che consenta ai lavoratori del settore di operare in assoluta sicurezza.

Negli ambulatori e nelle cliniche specializzate nella cura di cani, gatti & Co, infatti, le apparecchiature a risonanza magnetica sono sempre più utilizzate e sono molti che si affidano a queste applicazioni, sottoponendo animali domestici, di addestramento e di laboratorio a controlli specifici attraverso l'utilizzo della diagnostica Rm.

Ma se i vantaggi per gli animali sono notevoli, la sicurezza dei lavoratori non è altrettanto garantita: veterinari e personale tecnico sarebbero, infatti, maggiormente esposti ai campi elettromagnetici.

Permanenza prolungata in zone pericolose. Uno dei primi pericoli evidenziati dal documento riguarda la maggiore permanenza di questa tipologia di professionisti all'interno di zone "a rischio". In veterinaria, infatti, il tempo di stazionamento degli addetti all'interno di una sala magnete è notevolmente maggiore rispetto ai tempi impiegati nella diagnostica umana. Nelle cliniche sottoporre un animale di media o grossa taglia a risonanza magnetica vuol dire utilizzare procedure complesse che comportano la presenza in sala di più persone contemporaneamente.

Il posizionamento di un cavallo, per esempio, può addirittura richiedere la collaborazione di quattro o più persone nello stesso momento. Dopo la sedazione, l'animale è trasportato in sala magnete dove l'arto o la parte da analizzare sotto il macchinario deve essere collocato correttamente. Questo comporta un'esposizione prolungata degli addetti ai lavori all'interno di aree a potenziale rischio. A differenza degli ospedali, però, le cliniche veterinarie hanno un carico di lavoro non elevato che permette agli operatori del settore di non stanziare frequentemente in quei luoghi.

I "buchi" della normativa. I ricercatori del dipartimento di Igiene del lavoro dell'INAIL (ex-Ispesl) segnalano, così, un "buco normativo" che lascia sostanzialmente scoperto il campo della medicina veterinaria. Le applicazioni della risonanza magnetica - pur trattandosi delle stesse apparecchiature che in ambito medico sono sottoposte a un severo e composito quadro normativo - non sono disciplinate da nessuna legge specifica dello Stato.

Così, mentre l'utilizzo a scopo medico della risonanza magnetica è regolamentato da leggi in vigore da 25 anni, nel caso di "utilizzi alternativi" l'unico decreto attuale è il Dlgs. 81/08 (Testo unico per la sicurezza sul lavoro), nel quale si fa riferimento alla Direttiva europea 40/2004 in materia di esposizione a campi elettromagnetici: direttiva la cui entrata in vigore è stata rinviata al 2012, "congelando", di fatto, i limiti di esposizione in essa definiti.

I benefici sugli animali. Il rovescio della medaglia è lampante e riguarda gli amici a quattro zampe. Introdurre la risonanza magnetica all'interno di ambulatori e cliniche veterinarie significa potenziare un sistema che, tra l'altro, non prevede un servizio di assistenza sanitaria così come per l'uomo. A essere migliorato sarebbe l'intero ciclo di diagnosi, terapie e cure attraverso l'utilizzo di piccole apparecchiature a basso campo, tipicamente a forma di sandwich, che consentono una migliore assistenza del paziente animale. E nel caso dei laboratori la nuova tecnologia potrebbe sostituirsi all'approccio vivisezionistico, riducendo i maltrattamenti sugli animali.